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Nûdem Durak, musicista e can­tante cur­da, è solo una tra i tan­ti ostag­gi del regime in Turchia, e al tem­po stes­so è un esempio.

Quan­do usi­amo ques­ta paro­la “ostag­gio” ci rife­ri­amo espres­sa­mente a un peri­o­do molto buio del­la sto­ria del XX sec­o­lo, quan­do il fas­cis­mo ter­ror­iz­za­va ogni velleità di resisten­za pren­den­do “ostag­gi”, per­ché fos­sero appun­to d’esempio a tut­ti gli altri.

In una cosid­det­ta “democrazia”, ​​la pena deten­ti­va serve ad allon­tanare, per un peri­o­do più o meno lun­go, una per­sona del­la soci­età, per garan­tire — così si pre­sume — la sicurez­za pub­bli­ca. La sen­ten­za è indi­vid­uale ed è pro­nun­ci­a­ta da un giu­dice che dovrebbe essere, in lin­ea di prin­ci­pio, indipen­dente, in pro­porzione al crim­ine o al delit­to commes­so. Sapete sicu­ra­mente come le Cos­ti­tuzioni regolano questi prin­cipi ele­men­tari. L’entità delle pene ha un effet­to deter­rente, ma questo fat­to, di cui si com­piac­ciono i sosten­i­tori del­la pena di morte, non è un ele­men­to di dirit­to. Con­dannare “per dare l’esempio” non attiene alla giustizia.

In Turchia, invece, i tri­bunali di ogni ordine e gra­do fan­no esat­ta­mente questo, ogni vol­ta che si trat­ta di oppositori/oppositrici politi­ci. L’ac­cusa che accom­pa­gna questi arresti si riferisce gen­eral­mente a “ter­ror­is­mo” e “attac­co all’in­tegrità del­lo stato”.

È tut­to­ra dif­fi­cile sapere uffi­cial­mente quan­ti sono com­p­lessi­va­mente i prigionieri/e politi­ci incar­cerati in Turchia. Anche i rap­por­ti del Con­siglio d’Eu­ropa non li dis­tin­guono dai cri­m­i­ni comuni.

Questo sig­ni­ficherebbe con­sid­er­are l’accusa di ter­ror­is­mo come una cat­e­go­ria polit­i­ca e quin­di esporrebbe a una accusa di ingerenza.

Le orga­niz­zazioni per i dirit­ti umani in Turchia par­lano di diverse decine di migli­a­ia delle oltre 300.000 per­sone detenute1. Per le carceri la media è di 375 ogni 100.000 abi­tan­ti, su una popo­lazione tur­ca di 82 mil­ioni. A tito­lo di con­fron­to, per la Fran­cia, a metà clas­si­fi­ca, il dato (in forte aumen­to) è di 106 ogni 100.000 abitanti.

Pren­di­amo un solo esem­pio, quel­lo dei giornalisti/e. All’inizio del 2021, era­no 80 quelli/e in carcere, 93 in atte­sa di giudizio, 167 ricer­cati. Queste cifre includono tutti/tutte col­oro che lavo­ra­no come gior­nal­ista, con o sen­za una tessera uffi­ciale del gov­er­no tur­co. Queste cifre da sole mostra­no come il regime tur­co abbia costret­to più di un centi­naio di giornalisti/e all’e­silio e di come, trasci­nan­do nel tem­po inter­minabili pro­ces­si, abbia con­dan­na­to gli altri/e al silen­zio e alla morte sociale. Mostra­no come il regime li lib­era e li rin­car­cera di con­tin­uo. È esat­ta­mente L a polit­i­ca del ter­rore prat­i­ca­ta attra­ver­so l’esempio…

Intel­let­tuali, politici/che, giornalisti/e, ma molto spes­so solo per­sone con­sapevoli dei pro­pri dirit­ti e che han­no volu­to difend­er­li con­tro lo Sta­to e il suo “turchic­ità”, impos­to come uni­ca iden­tità dom­i­nante e esclu­si­va, sono dietro le sbarre. Con questi/e ci sono anche pas­tori, contadini/e, sem­pli­ci cittadini/e, la cui lin­gua madre denun­cia l’ap­parte­nen­za a una comu­nità “suscettibile di riven­di­care i pro­pri dirit­ti”, e quin­di di minare lo Sta­to, arresta­ti per “com­plic­ità in ter­ror­is­mo”, non appe­na “entra­no in resistenza”.

Zehra Doğan, che ha trascor­so qua­si tre anni in queste carceri turche, per un dis­eg­no che, sec­on­do il giu­dice super­a­va “i lim­i­ti del­la crit­i­ca e del­l’arte”, ha descrit­to nelle sue “let­tere dal carcere2alcu­ni ritrat­ti delle sue com­pagne di cel­la, donne arrestate e con­dan­nate per la loro resisten­za al nazion­al­is­mo tur­co. Durante la sua pri­ma incar­cer­azione, pri­ma del proces­so defin­i­ti­vo, è sta­ta anche com­pagna di cel­la di Nûdem Durak, nel carcere di Mardin, nel 2016.

Nûdem Durak non è l’u­ni­ca artista ad essere imprigionata.

Un altro esem­pio, di cui Kedis­tan ha già par­la­to, è Dilan Cûdi Saruhan.

Allora, perché parlare proprio di Nûdem Durak?

La doman­da è legit­ti­ma. Per­ché pro­porre ques­ta o quel­la per­sona, piut­tosto che le migli­a­ia di altre?

Spes­so la rispos­ta è molto sem­plice: per­ché la conos­ci­amo, per­ché abbi­amo lega­mi con i suoi famil­iari o par­en­ti, per­ché la per­sona stes­sa si è fat­ta conoscere attra­ver­so par­ti­co­lari forme di resisten­za, o sem­plice­mente attra­ver­so la sua forza e il suo talento.

Per queste ragioni, abbi­amo parte­ci­pa­to atti­va­mente alle cam­pagne per Aslı Erdoğan e Zehra Doğan.

Per questo siamo al fian­co di “Free Nûdem Durak”, una cam­pagna di sosteg­no che da oltre un anno sta andan­do avan­ti, con­tro ogni ven­to, marea e … crit­i­ca. Anche se la redazione è com­pos­ta da per­sone di diver­sa prove­nien­za, Kur­dis­tan, Fran­cia, Turchia, Que­bec, Pae­si Baschi… la sol­i­da­ri­età non è a com­par­ti stag­ni e non ha confini.


Cam­pagna inter­nazionale “Free Nûdem Durak”
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Una campagna del genere ha qualche possibilità di portare a un rilascio immediato?

Pen­sare questo sig­nifi­ca non aver capi­to nul­la del­la natu­ra del regime in Turchia. Ma anche pen­sare che non si pos­sa fare altro che una denun­cia di prin­ci­pio, pure ripetu­ta, sig­nifi­ca dimen­ti­care che sostenere un/a detenuto/a, e con lui i suoi compagni/e di deten­zione, serve a met­tere in dis­cus­sione i piani del regime di elim­inare la resisten­za, e soprat­tut­to la sua polit­i­ca carcer­aria ind­i­riz­za­ta a dare l’esempio.

Queste cam­pagne sono anche un ines­tima­bile sosteg­no morale per la per­sona a cui sono riv­olte e per i suoi compagni/e di pri­gio­nia. Così, per­me­t­tere la cor­rispon­den­za quan­do pos­si­bile, per­me­t­tere le vis­ite, miglio­rare la vita quo­tid­i­ana, è ogni vol­ta utile, tan­to quan­to le denunce, anche rab­biose, sul web o altrove. Anche col­le­gare le cam­pagne di sol­i­da­ri­età tra di loro non è mai troppo.

Questo è il moti­vo per cui è nec­es­sario una cas­sa di resisten­za per “Free Nûdem Durak”. Non per chi la gestisce, per­ché il loro lavoro è total­mente volon­tario, ma per con­sen­tire le vis­ite di par­en­ti e famil­iari sul pos­to, per pot­er avere con­sul­ti legali, per miglio­rare la vita quo­tid­i­ana in carcere.

La riv­ista Kedis­tan nasce da un’as­so­ci­azione del 1901. Per questo abbi­amo deciso di met­ter­ci a dis­po­sizione per una don­azione trasparente.

Quin­di ripor­ti­amo qui l’appello per Nûdem, e invi­ti­amo tutti/e col­oro che pos­sono, a con­di­vider­lo anche loro, per­ché si dif­fon­da il più ampia­mente possibile.

È il nos­tro turno di sup­port­are Nûdem Durak, per dare l’esempio!

 

Per scrivere a Nudem:

Nûdem Durak
M Tipi Kapalı Kadın Cezaevi
Bay­burt TURCHIA

Per scrivere a altri/e

QUI trovate una lista.


Traduzione di Eliana Como 
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