La mia traduzione dal francese di estrat­ti delle let­tere del­la pri­gione di Zehra Doğan, pit­trice cur­da arresta­ta dal regime di Erdoğan. Le let­tere sono pub­bli­cate su Nous aurons aus­si de beaux jours (Avre­mo anche giorni migliori) pub­bli­ca­to dalle Edi­tions des femmes, alla fine di otto­bre 2019.

Eliana Como


È difficile descrivere la nostalgia che si può provare per un fiore”

Pri­ma let­tera dal carcere di Zehra Doğan a Naz Öke:

21 luglio 2017, ven­erdì ore 23.45 

Mia cara, mia preziosa compagna,

Ho volu­to scriver­ti pri­ma di dormire. (…)

(…) E ora, in ques­ta notte, una di quelle not­ti calde e sof­fo­can­ti di Diyarbakır, dis­te­sa sul mat­eras­so che ho sro­to­la­to a ter­ra, ti scri­vo queste righe. Ho con­sid­er­a­to la pri­gione una even­tu­al­ità. Per questo non sono crol­la­ta quan­do mi han­no arrestata. (…)

Purtrop­po non mi dan­no i mate­ri­ali per dis­eg­nare. Sto pen­san­do come fare in alter­na­ti­va. Per adesso, ho inizia­to a scri­vere rac­con­ti. Non per­me­t­to che nes­suna gior­na­ta pas­si sen­za che io abbia fat­to qual­cosa. È anche per questo che non mi sono fat­ta pren­dere dal­la disperazione.

Le mie amiche di cel­la sono belle per­sone. Siamo 28, dai 18 ai 50 anni. E abbi­amo anche un bam­bi­no di due anni, che si chia­ma Robin. Noi lo chi­ami­amo ‘il pic­co­lo Enki’1, come se lui por­tasse la nos­tra rab­bia anti­ca di 5000 anni. Questo bim­bo è adora­bile. Sua madre è sta­ta con­dan­na­ta a 15 anni.
Abbi­amo con noi anche una don­na con­dan­na­ta all’ergastolo. Si chia­ma Sodzar. Ha 40 anni ed é in pri­gione da 22. Viven­do con lei, capis­co meglio che la vita non si riduce tut­ta a me.
Ci sono anche altre madri. Ognuna di loro ha affida­to i pro­pri figli alle pro­prie famiglie fuori dal carcere. Ma la loro ani­ma non smette mai di pen­sare a loro. Ci sono con­ta­dine, abi­tan­ti del Sur2, stu­dentesse, sin­dache… tut­to quel­lo che puoi immag­inare, qui c’è! Ci han­no mes­so tutte in ques­ta gabbia.
Ma mal­gra­do tut­to, con­servi­amo alto il morale. Vivi­amo tutte insieme una vita in comune. Tut­to quel­lo che posse­di­amo è in comune. E questo è quel­lo che ci dà la forza.

Il carcere è sof­fo­cante. Sem­bra costru­ito tenen­do con­to del­la psi­colo­gia umana. (…) Di verde non c’è che l’infermeria. E niente che abbia un legame con un fiore o una pianta, niente in tut­ta la pri­gione. (…) Gli anni pas­sano qui, nel­la nos­tal­gia di un solo fiore. È dif­fi­cile descri­vere la nos­tal­gia che si può provare per un fiore…

Zehra Doğan, sen­za tito­lo, 2017
Sul gior­nale c’è scrit­to: Per­ché le altre madri non piangono…
Pho­to : Jef Rabillon

Finalmente ho una stella.”

5 otto­bre 2017

(…) Ho rice­vu­to le tue let­tere oggi. Le tue frasi affet­tu­ose e cariche di amore mi han­no anco­ra riscalda­to il cuore. Ti conosco e ti sen­to vic­i­na. Come sono for­tu­na­ta. La sor­pre­sa che è usci­ta dal­la bus­ta mi ha riem­pi­ta di gioia. Che bel­la idea hai avu­to! Adesso ho una stel­la! Sai, solo ieri ho final­mente avu­to un let­to. Ho pre­so la parte sot­to di un let­to a castel­lo. Ho subito incol­la­to la stel­la sot­to il let­to supe­ri­ore. Così adesso ho un cielo! …

7 otto­bre 2017

Questi giorni mi addor­men­to guardan­do la tua stel­la. Questo mi por­ta una incred­i­bile seren­ità. Che bel­la idea hai avu­to. Passerò con ques­ta stel­la di plas­ti­ca due anni. Vivrò con una stel­la arti­fi­ciale fino al 24 feb­braio 2019, come fos­se un vero cielo. Con­vin­cersene è una cosa ma esserne con­dan­na­ta, o meglio puni­ta, mi sem­bra assurdo…

Queste terre…”

12 otto­bre 2017

(…) Queste terre si impreg­nano sem­pre più di sangue. Ma come una spugna non può assor­bire più acqua del pro­prio vol­ume, come le terre non pos­sono sop­portare più piog­gia che la pro­pria capac­ità per­me­tte loro. Così queste terre non han­no più forza di assor­bire altro sangue. (…)

Zehra Doğan

Zehra Doğan. “Dorşin”, 2016 (pri­gione di Mardin).
Una sor­ta di ‘depo­sizione’ fem­minile nei col­ori bril­lan­ti del popo­lo curdo.

I colori delle donne curde, nascosti sotto il nero del loro destino”

Se volete dipin­gere queste terre, non potete far fin­ta di non vedere i loro col­ori inten­si. È impos­si­bile non per­cepire il gial­lo del­la mostar­da, il rosso delle ceramiche, i toni magi­ci del mar­rone delle terre del­la Mesopotamia, il blu dei tat­u­ag­gi delle donne, il verde del­la sper­an­za, il nero e il rosso del loro destino. (…)

Per me quel­lo che descrive meglio le donne curde è la citazione del dot­tor Qasim­i­lo: “ver­sa un thé che sia dolce come la don­na cur­da, e nero come il suo des­ti­no”. È così la don­na cur­da, che ha la capac­ità di dare gus­to alla vita e dare un sen­so diver­so a ogni sin­go­lo col­ore, ma il suo des­ti­no è dan­nata­mente nero.

Ogni don­na por­ta un peso enorme. E la molti­tu­dine dei col­ori non è sinon­i­mo di gioia. Vedi­amo tan­ti col­ori nelle opere di Fri­da Kahlo. Ma in nes­suna di queste Fri­da par­la del­la felic­ità. Al con­trario è la don­na che più di ogni altra ha dip­in­to la sofferenza.

Qui, ci sono tan­ti di quei col­ori, che nes­suno vuole vedere. Le etnie e i popoli che vivono in Turchia sono i col­ori di queste terre. Ma ci han­no ste­so sopra uno stra­to di nero, e poi li han­no dip­in­ti di rosso sangue. Ecco il quadro del­la Turchia: un quadro fat­to di rosso e nero. (…)

Ten­tano di real­iz­zare così il quadro di ques­ta nazione, immer­gen­dola in uno stag­no di sangue, in un paese di leg­gi imposte, lingue e reli­gioni obbli­ga­to­rie. Eppure il nero non è un col­ore neu­tro, ma un col­ore cal­do. Gli altri col­ori non scom­paiono nel nero, ci si nascon­dono soltan­to. E anche se viene uti­liz­za­to per annientare gli altri col­ori, se grat­ti un po’, i col­ori antichi escono improvvisa­mente fuori. La rius­ci­ta dipende da quan­to tal­en­to hai nel grattare…
(2016 — Les yeux grands ouverts)


Zehra Doğan • Opere disponibili per la vendita
Leggi anche »> “Disegnami un anno di libertà!”


Avre­mo anche giorni migliori — Zehra Doğan
Opere dalle carceri turche a cura di Elet­tra Stam­boulis.
Museo di San­ta Giu­lia  | 16 novem­bre 2019 –1 mar­zo 2020

Il Comune di Bres­cia e la Fon­dazione Bres­cia Musei, diret­ta da Ste­fano Karad­jov, pre­sen­tano per la pri­ma vol­ta in Italia, nel­la cor­nice del Museo di San­ta Giu­lia, una per­son­ale dell’artista e gior­nal­ista cur­da Zehra Doğan (Diyarbakır, Turchia, 1989).
“Avre­mo anche giorni migliori – Zehra Doğan. Opere dalle carceri turche” è un prog­et­to orig­i­nale cura­to da Elet­tra Stam­boulis e cos­ti­tu­isce la pri­ma mostra di impianto criti­co cura­to­ri­ale ded­i­ca­ta all’opera del­la fon­da­trice dell’agenzia gior­nal­is­ti­ca fem­min­ista cur­da “Jin­ha” e sarà aper­ta al pub­bli­co da saba­to 16 novem­bre 2019 al 6 gen­naio 2020. Dopo il grande suc­ces­so del­la per­for­mance orga­niz­za­ta lo scor­so mag­gio pres­so la Tate Mod­ern di Lon­dra, cit­tà in cui Zehra Doğan ha scel­to provvi­so­ri­a­mente di vivere il pro­prio esilio, l’artista è ora pro­tag­o­nista a Bres­cia di una potente espo­sizione, in occa­sione del­la sua parte­ci­pazione al Fes­ti­val del­la Pace, orga­niz­za­to dal Comune di Bres­cia e dal­la Provin­cia di Brescia.

eliana como


Eliana Como  est syndicaliste CGIL et animatrice d’une page FB dédiée aux femmes peintres. Vous pouvez la retrouver sur facebook au @chegenerediarte
E’ una sindacalista Cgil e curatrice di una pagina FB dedicata alle donne pittrici, @chegenerediarte
She is a CGIL unionist and the animator of a FB page dedicated to women painters. You can find her on facebook at @chegenerediarte

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