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Sì, lo so… se fai una ricer­ca sul web su un motore di ricer­ca francese, inevitabil­mente ti imbat­ti in questo tito­lo: “sono meno felice che in pri­gione”. Ma allo­ra, cantare gli “uccel­li del­la lib­ertà”, chia­mare Bracque in soc­cor­so, sarebbe per te, forse, dipin­gere fuori dal­la tela?

Insis­to Zehra, presto sarà un anno che sei lib­era. Anche se le nos­tre rec­i­proche lib­ertà sono in fon­do rel­a­tive, noi due lo sap­pi­amo bene.

Ho appe­na fini­to di leg­gere le tue let­tere dal­la pri­gione, per tradurle in francese. A propos­i­to del­la lib­ertà tu scrivi:

7 otto­bre 2017

L’altro giorno sono usci­ta dall’ospedale. Ho guarda­to dal­la pic­co­la fines­tra del Blu Ring (vei­co­lo con cui ven­gono trasportati i/le prigionieri/e). Ho guarda­to il mon­do. Le per­sone cor­re­vano di fret­ta. La vita con­tin­ua. Ma strana­mente non ho sen­ti­to nos­tal­gia. Ho avu­to qua­si pietà e mi sono rat­tris­ta­ta anco­ra di più. Mi sono det­ta inti­ma­mente ‘queste per­sone non sono con­sapevoli di essere pri­gion­iere’. La sola dif­feren­za tra me e loro era il fat­to che nel Blu Ring le mie mani era­no ammanet­tate. Non ho desider­a­to essere al pos­to di nes­suna altra di quelle per­sone che cam­mi­na­va in quel momen­to sul­la stra­da. Anche loro ave­vano le manette ai pol­si ma non lo sape­vano. Questo mi ha fat­to rid­ere. Avan­zan­do lenta­mente, così, sot­to il cielo gri­gio, nelle strade sof­fo­can­ti e gelate, nel­la fol­la delle per­sone dalle espres­sioni gelate, dalle teste vuote, ho desider­a­to in quell’istante stes­so ritornare il pri­ma pos­si­bile in pri­gione… … Non esiste un luo­go total­mente libero da nes­suna parte al mon­do. Tu puoi affer­mare che il pos­to in cui tu ti tro­vi sia vera­mente libero? … 

E ci sareb­bero molti altri estrat­ti delle tue ‘Let­tere dal­la pri­gione’ da citare…

Tu aggiun­gi anche, a più riprese, che la galera è diven­ta­ta il tuo ate­lier e che in qualche modo sono state le tue com­pagne, tan­to quan­to lo sta­to di neces­sità, a spinger­ti a creare, lib­era­mente, nonos­tante la sorveg­lian­za del­la cen­sura, i divi­eti, la pri­vazione dei mate­ri­ali. È esat­ta­mente questo che inter­ro­ga col­oro i quali vogliano capire da dove viene la forza del­la tua Arte, e come sia fini­ta appe­sa a dei muri gri­gi. Le tue opere sono e dipin­gono questi anni di vita, pas­sati a ren­dere bel­li i giorni, men­tre la lib­ertà pen­de­va come una bandiera a mezz’asta…

Ma il 24 feb­braio 2019 quei muri per te sono sta­ti can­cel­lati, mag­a­ri sos­ti­tu­iti da altri più invis­i­bili, quan­do sei usci­ta da una pri­gione, por­tan­do con te, come tu dici, metà delle tue com­pagne che era­no dentro.

Non hai dimen­ti­ca­to i fili che ti ten­gono lega­ta a loro, tante anco­ra den­tro le pri­gioni turche. I ritrat­ti di don­na sui fogli di gior­nale, a cui sei tan­to affezion­a­ta, ora le fan­no conoscere al pub­bli­co delle tue mostre.

Ed è già lon­tano quel feb­braio del 2017 (anco­ra il mese di feb­braio), quan­do, dopo essere già sta­ta pri­va­ta del­la lib­ertà per due volte, tra le pri­gioni di Mardin e di Amed, tu espon­esti le tue opere a Diyarbakır. La mostra, come a pren­dere in giro le autorità, si inti­tola­va 141, come il numero dei giorni sen­za “lib­ertà” che ave­vi vis­su­to e con­sacra­to all’Arte. Nel 2015/16, hai vis­su­to gli “sta­ti d’assedio” nel Kur­dis­tan nell’est del­la Turchia. Questo peri­o­do, dove tuo mal­gra­do hai impara­to a riconoscere l’odore del sangue, ti ha con­dot­to all’arresto per “pro­pa­gan­da ter­ror­is­ti­ca”. Ed è poco dopo che è nata l’idea di far “evadere” le tue opere dal­la Turchia.

zehra dogan

Zehra Doğan. 2019, Lon­dra. Acril­i­co su tela.

Forse tu diresti che sono state “libere” di viaggiare.

Nel tuo libro, in modo iron­i­co, scrivi ancora,

 …come il mio ate­lier è un sot­to-scala, così lo è la mia pro­duzione… È esat­ta­mente così. Di fat­to, sono sfrut­ta­ta! Per­ché sono don­na, sono vista nel mon­do dell’arte come mano d’opera a bas­so cos­to. E non sono nem­meno mes­sa in rego­la… Sono Naz e Daniel che mi sfrut­tano. Mi dicono in ogni loro let­tera “Lavo­ra! Lavo­ra di più!” E non mi for­niscono nem­meno i col­ori, né le tele… Lavo­rare, lavo­rare… d’accordo, ma fino a quan­do? Pre­tendo un aumen­to di salario! Altri­men­ti vi denuncerò, dicen­do che voi fate lavo­rare una opera­ia sen­za met­ter­la in rego­la! Trasformerò la vos­tra vita in un infer­no, state attenti! … 

Tu scherza­vi su queste opere che veni­vano esposte “libere” un po’ ovunque e che rac­con­ta­vano al tuo pos­to la tua vita, le tue lotte, le tue com­pagne, la tua sto­ria e quel­la delle donne curde…

Quel­lo che è cam­bi­a­to, Zehra, riconosci­lo, è solo che, da cir­ca un anno, tu accom­pa­g­ni le tue opere “libere di viag­gia­re”, uscite anche loro di pri­gione, pri­ma di te.1

E hai accetta­to che quindi­ci di queste opere entri­no per sem­pre tra le quat­tro mura di musei nazion­ali france­si, per rac­con­tarvi la loro sto­ria, la tua sto­ria per­son­ale. Da un anno, esponi come molte artiste con­tem­po­ra­nee vor­reb­bero fare, da un museo all’altro, da una gal­le­ria all’altra, in due con­ti­nen­ti. E le tue parole cosi han­no potu­to essere libere, come la tua arte. Questo anno intero pas­sato a esporre ti ha per­me­s­so di mostrare e di far capire quel che poche attiviste sareb­bero rius­cite a fare anche con la migliore volon­tà. E aldilà dell’amicizia che mi lega a te, pos­so dire che non hai mai tra­di­to l’amore per l’Arte.

Allo­ra, quali lib­ertà ti man­cano ancora?

Quel­la di con­tin­uare a creare sen­za costrizioni, prob­a­bil­mente. E tu sai che ques­ta vol­ta la costrizione viene diret­ta­mente da te stes­sa. In pri­gione ave­vi in parte dis­trut­to ques­ta non-lib­ertà inte­ri­ore, per far sparire i muri del­la galera. Hai scrit­to nelle tue let­tere che la tua forza veni­va da questo. E ora, sola, sen­za altri muri che quel­li creati nel­la tua tes­ta, ti inter­roghi sul dirit­to di creare in libertà.

E nel far­lo pro­duci qual­cosa di fol­go­rante, con­ti­nu­ità e ritorni, come fos­se una fir­ma riconosci­bile… per­ché tu ormai hai la lib­ertà di com­pren­dere pro­fon­da­mente quegli anni pas­sati, non per copi­ar­li all’infinito, ma per abbev­er­ar­ti a loro, sen­za doverne ren­dere conto.

A feb­braio 2020 sarà un anno che tu vivi in ques­ta con­dizione di lib­ertà ‘con­dizion­a­ta’. Fai final­mente spazio alla tua Arte nomade.

Nuove opere, nuovi rif­lessi. Avvi­so ai collezion­isti, Zehra vende!

Opere disponi­bili in ven­di­ta e rasseg­na delle ultime recen­ti creazioni.


Tradotto da Eliana Como
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Daniel Fleury
REDACTION | Auteur
Let­tres mod­ernes à l’Université de Tours. Gros mots poli­tiques… Coups d’oeil politiques…